Che il liceo classico sia uno dei pilastri dell’educazione italiana non è certo un mistero. Dopo anni di cali finalmente le iscrizioni sono tornate a crescere e, in aggiunta, in molti lo ritengono un indirizzo fondamentale per la formazione di cittadini consapevoli.
Eppure non tutti sono d’accordo: l’imprenditore Alberto Forchielli, fondatore dell’associazione Drin Drin, ha un’idea piuttosto diversa dell’educazione. Nelle sue parole, la scuola deve concentrarsi sull’innovazione e sullo sviluppo economico del Paese. Anche a discapito degli studi classici, se serve.
Educazione e sviluppo economico
Tra formazione e sviluppo economico c’è un legame imprescindibile e innegabile. A sostenerlo è Alberto Forchielli che, in una intervista rilasciata a Vanity Fair , fa il punto sulla salute dell’educazione in Italia. Secondo l’imprenditore, da decenni viviamo una stagnazione produttiva senza precedenti:
Trent’anni di non crescita della produttività è un de profundis. Non c’è Paese al mondo che abbia avuto una stasi della produttività di 30 anni. Oggi facciamo le stesse cose che facevamo 30 anni fa: piastrelle, divani, cucine componibili. Le varie Microsoft, Google, Nvidia, sono tutte cresciute in ambito universitario, e significa che la scuola e l’università sono importantissime.
Da questo punto di vista, i problemi sono fondamentalmente due: da una parte, la scarsa produttività dell’Italia e del suo tessuto di piccole e medie imprese; dall’altra parte, l’importanza della formazione nella genesi di nuove idee e nella creazione di nuovi soggetti imprenditoriali.
studiare ciò che piace
Per quanto possa sembrare provocatorio, Forchielli non scherza quando parla della necessità di abolire il liceo classico e ciò che rappresenta. In fondo, non c’è imprenditore nell’area emiliano-romagnola che abbia fatto studi umanistici. E continua:
Se uno deve studiare, per elevarsi socialmente ed economicamente, è bene che studi ingegneria. Ma quasi tutti mi rispondono “non è vero, il ragazzo deve studiare quello che gli piace”. E invece no: è una cosa terribile, io credo che uno debba studiare quello che serve e quello che piace lo fa nel tempo libero.
Fare il classico, sostiene l’imprenditore, può servire al massimo a diventare medico o avvocato, ma l’Italia ha bisogno di imprenditori che sappiano generare innovazione. L’accusa qui è abbastanza chiara: il sistema educativo italiano non forma abbastanza professionisti in ambito scientifico e tecnologico, settori che trainano l’economia globale. Di conseguenza, non ha senso privilegiare le materie umanistiche ma bisogna concentrarsi esclusivamente sulle materie STEM.
abolire il liceo classico?
Al di là della provocazione, vera o presunta, le parole di Forchielli aprono ad una riflessione più ampia: il sistema scolastico italiano è davvero in grado di preparare i giovani al futuro?
Da un lato, infatti, è vero che le competenze STEM offrono maggiori opportunità lavorative e stipendi più alti. Allo stesso tempo, è insensato escludere a priori il valore delle discipline umanistiche: in questo modo si finirebbe per ridurre l’istruzione a mera formazione professionale.
E il pensiero critico? E la capacità di adattamento o persino la creatività? L’innovazione spesso nasce dall’incontro fra competenze tecniche e conoscenze umanistiche, ossia dall’incontro di due mondi costitutivamente diversi ma intrinsecamente legati. In fondo, è proprio vero che tra formazione e sviluppo c’è un rapporto profondo, proprio come sostiene Alberto Forchielli. Solo, si tratta di un legame che va al di là del mero ragionamento economico e riguarda qualcosa di molto più importante come l’intera società.