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OPINIONI

Un post su facebook: “L’insegnante non è più fonte di sapere ma esecutore materiale di precise richieste”

Che negli ultimi anni la figura dell’insegnante sia cambiata in modo radicale, e non sempre in meglio, non è certo un mistero. A confermarlo sono spesso le parole di docenti come Salvo Amato, molto seguito sui social per lo sguardo critico sul mondo della scuola.

Secondo l’insegnante, oggi ci troviamo di fronte ad un vero e proprio declino del ruolo dell’insegnante. Lungi dal costituire una fonte di sapere, si limita ad essere un esecutore materiale di richieste che vengono dall’alto, e poco altro. Vediamo perché.

Il docente come mero esecutore

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In un lungo post su Facebook link esterno, Salvo Amato affronta in modo diretto il declino della figura del docente, che oggi non ha più il compito principale di insegnare. La sua giornata è infatti scandita dalla burocrazia e da obiettivi fissati da altri: registri e scartoffie, protocolli e moduli, verifiche e piani educativi. Insomma, tutti elementi che secondo Amato servono soltanto ad avere “qualcosa da mostrare”, ma non solo:

I momenti della didattica sono oramai capovolti. Spesso si fa una verifica perché si ha bisogno di un voto e non, al contrario, si verifica cosa siamo riusciti veramente a trasmettere ai nostri studenti.

Se a novembre si programma, a gennaio già si corre perché si avvicina la fine del primo quadrimestre, mentre a febbraio iniziano i recuperi individuali. Poi ci sono le tante pause didattiche, fra Pasqua e ponti, ponti e gite scolastiche, che impediscono la giusta continuità. Manca poco ed è già finito l’anno: il docente deve fare le verifiche solo perché ha bisogno di un voto da inserire in registro, e non per valutare i suoi studenti.

Il declino dell’insegnante

Il problema è chiaro, nelle parole di Salvo Amato: la didattica non segue più i tempi dell’apprendimento, ma un’agenda fitta e spesso priva di senso. In questo modo, la scuola si piega alle logiche di un sistema diverso e perde di vista il proprio scolo, a differenza di un passato non così lontano. D’altronde, un tempo l’insegnante era una figura quasi mitica verso la quale si provava timore, ma alla quale si doveva rispetto. Ricorda Amato:

L’insegnante era come un oracolo, colui che poteva dare le risposte a tutte le mie domande. E quando provavo a raggiungere da solo le risposte alle mie domande leggendo qua e là, pensavo di avvicinarmi sempre di più al sapere. La conoscenza non si metteva in discussione: il carico di compiti, le esigenze del docente, la severità e serietà erano tutti pregi e mai difetti.

Al contrario, oggi l’autorevolezza del docente è messa continuamente in discussione. Da una parte le famiglie criticano i docenti per ogni scelta, dall’altra gli studenti non hanno più punti di riferimento. In una situazione del genere, il declino dell’insegnante riflette una crisi molto più ampia, quella della scuola.

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La crisi della scuola

Il mondo sempre più veloce e interconnesso di oggi ha di certo acuito la crisi della scuola, che a suo modo trova conferme nel cambiamento repentino della società. Prendiamo per esempio Internet e le nuove tecnologie, che hanno reso accessibili milioni di informazioni ma non hanno insegnato come selezionarle, comprenderle e utilizzarle.

Il rischio è un insegnamento ridotto a mera trasmissione di nozioni, meccanica e acritica, quando il suo ruolo è quasi diametralmente opposto. Da un lato c’è la formazione di cittadini consapevoli attenti al come e non soltanto al cosa, dall’altro un cambiamento in peggio. Continua Amato:

E così come si passa dal ristorante gourmet al cibo spazzatura, allo stesso modo, il ritmo incessante e veloce imposto dall’alto e la parcellizzazione del sapere stanno trasformando le nostre scuole in tanti fast food, e i docenti in tanti produttori di sapere senza sapore pieno di additivi e coloranti.

Il declino dell’insegnante e la crisi della scuola sono il sintomo di un problema più grande: una società che ha smesso di credere nel potere trasformativo della conoscenza. Non tutto è perduto, non ancora almeno, ma occorre recuperare l’importanza dell’educazione e, in particolare, della sua figura di riferimento.

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