Dal nuovo anno scolastico il divieto di usare il cellulare in classe è valido anche nelle scuole secondaria di secondo grado. Si tratta di una misura voluta dal ministro Giuseppe Valditara che ha raccolto molti consensi non soltanto in Italia, ma anche in Unione Europea.
Non mancano tuttavia le voci critiche, fra cui spicca quella di una dirigente scolastica di Fano, in provincia di Pesaro, che parla di occasione persa. Il cellulare, se usato in modo consapevole e per scopi didattici, rende le lezioni più coinvolgenti e stimola la partecipazione. Con il divieto, invece, non è detto che si riducano le distrazioni e si migliori l’attenzione della classe: al contrario, gli effetti sono imprevedibili.
un’occasione persa?
Il divieto di usare lo smartphone a scuola, per quanto proposto come un modo per riportare l’apprendimento al centro della didattica, non convince tutti. La preside dell’Istituto di Istruzione Superiore Polo 3 di Fano, Maria Eleonora Augello, affida i suoi dubbi al Corriere Adriatico, proprio a partire dalle modalità di utilizzo del telefono in classe:
Le nuove disposizioni sull’uso dei cellulari sono state applicate in tutte le classi ma hanno creato qualche problema alla didattica. Noi utilizzavamo non poco i telefonini nel corso delle lezioni: era un metodo che coinvolgeva di più i ragazzi e ampliava gli orizzonti dell’insegnamento, rendendo interattive le lezioni.
Con il divieto voluto da Valditara, invece, il rischio è di ritrovarsi con lezioni sempre più frontali e meno dinamiche, di fatto rinunciando ad uno strumento potente di apprendimento. Strumento che va utilizzato in modo consapevole, certo, ma che nondimeno non è possibile escludere tout court dalla didattica.
Il divieto penalizza gli studenti meno abbienti
Non è però soltanto una questione che riguarda solo la didattica, quanto una forma di rispetto per le possibilità economiche delle famiglie. Detto in altri termini, secondo la dirigente scolastica del Polo 3 di Fano, il divieto di usare il cellulare penalizza tutte quelle famiglie che non possono permettersi l’acquisto di un tablet. Continua la preside:
Non possiamo pretendere dalle famiglie l’acquisto di un tablet, che sarebbe invece permesso, dato che non tutte sono in condizioni di permetterselo. Noi già stiamo lavorando per ridurre i libri di testo e dare un sollievo economico alle famiglie già oberate di tante spese e non possiamo certo agire in senso contrario.
Di fatto, la decisione del Ministero dell’Istruzione e del Merito rappresenta per l’istituto un passo indietro: piuttosto che vietare qualcosa, è sempre meglio educare all’uso corretto dello smartphone. Ma la decisione più semplice è quella che consiste in un semplice “no”, corredato da casistiche e sanzioni.
Punire o educare chi usa lo smartphone a scuola
Un conto è vietare lo smartphone a scuola, un conto è prevedere le sanzioni per chi invece contravviene al divieto, con le varie casistiche. Come riportato dal quotidiano Il Sole 24 Ore
, sulla questione si è espresso il presidente dell’ANP Antonello Giannelli, secondo cui le sanzioni devono essere graduali a seconda della gravità dei casi, dalla nota alla sospensione.
Il panorama è tuttavia molto frammentato e va al di là delle mere sanzioni: ci sono istituti che hanno annunciato incontri e laboratori sul valore della disconnessione e, allo stesso tempo, istituti che già vietano l’uso del cellulare durante le lezioni. Se da un lato l’obiettivo è educare all’uso della tecnologia, dall’altro lato il divieto consente un limitato margine di manovra. Lo ricorda molto bene Maria Eleonora Augello:
Io stessa non credo nei divieti, credo più sull’educazione, tenendo conto che gli studenti usano il cellulare in età pre-adolescenziale e al di fuori del contesto scolastico.
Sullo sfondo del dibattito, c’è poi un ulteriore elemento da considerare: il rischio di un divieto è sempre l’effetto opposto. In questo caso, le disposizioni del MIM potrebbero rendere lo smartphone ancora più desiderabile, aumentandone uso e dipendenza. A scuola e non.










