La pratica è sempre stata una parte fondamentale dell’educazione. Grazie a figure come John Dewey e alla sua pedagogia attiva, infatti, la scuola ha imparato ad alternare le lezioni frontali con un approccio più concreto. Ad oggi, quindi, la pratica costante viene considerata la chiave per il miglioramento personale.
Tuttavia, sempre più studi vedono in questo approccio alcuni limiti alla crescita degli studenti, e in generale della persona. Secondo gli esperti, insomma, stiamo sottovalutando il valore delle pause per un migliore apprendimento. Vediamo in che senso.
Le pause non sono una perdita di tempo
Siamo abituati a vedere nelle pause dal lavoro o dallo studio soltanto un momento di riposo: nonostante siano necessarie, spesso siamo portati a sottovalutare il loro impatto. Eppure, si tratta di momento che serve al nostro cervello per organizzare e consolidare le informazioni apprese.
A sostenerlo è un interessante studio del 2021 condotto dal neuroscienziato Leonard Cohen, secondo cui il cervello continua a lavorare intensamente anche durante le pause. Si tratta di un fenomeno noto come “consolidamento neurale”, il cui scopo è trasferire le informazioni dalla corteccia all’ippocampo, ossia il centro della memoria.
Cosa vuol dire ciò?
Che durante le pause il nostro cervello organizza e consolida le informazioni apprese, facendo una sorta di ripasso prima di fissarle nella memoria a breve termine. Quante volte è successo di fare una pausa dallo studio o dal lavoro per scoprire, alla ripresa, di ricordare tutto meglio di prima?
I benefici
Le pause tuttavia non si limitano all’organizzazione e al consolidamento delle informazioni acquisite. In aggiunta, permettono anche di migliorare la qualità dell’apprendimento, in modi più diretti e indiretti, per esempio evitando di annoiare i ragazzi o di stancarli troppo.
Un calo dell’attenzione è fisiologico dopo un certo periodo di studio, e può essere limitato con delle pause ben pianificate. Ci sono tuttavia anche altri benefici, come:
- un miglioramento della memoria, come abbiamo visto nel caso dello studio di Leonard Cohen;
- un aumento della concentrazione, che aiuta a limitare i cali di attenzione;
- una riduzione dello stress, proprio per le attività che durante la pausa possono rilassare l’individuo;
- una maggiore motivazione, se le pause diventano l’occasione per attività creative o ludiche.
La frequenza ideale, secondo la neurologa e docente Judy Willis , sarebbe di una pausa ogni 30 minuti o al massimo un’ora per gli adolescenti, ancora meno per i bambini della scuola primaria. Con attività più lunghe, sono invece necessarie pause più consistenti.
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Cosa fare
Limitando il nostro discorso al contesto scolastico, è ovviamente necessario trovare un modo per integrare le pause nelle dinamiche di classe.
Da questo punto di vista, ci sono attività che si rivelano più efficaci per ricaricare corpo e mente, ma è importante che i momenti di pausa siano sensibilmente diversi da quelli di attività. Ecco allora cosa fare durante le pause, per esempio:
- fare uno spuntino per dare all’organismo ulteriore nutrimento ed energia;
- attività creative ma rilassanti, come disegnare oppure pensare a nuovi obiettivi da raggiungere;
- muoversi, fare stretching o passeggiare possono ridurre noia e stress.
Altra attività molto utile durante le pause, e non solo, è la meditazione o più in generale tutte quelle attività che rientrano nella mindfulness.
Insomma, comunque le si veda le pause sono un elemento fondamentale per migliorare l’apprendimento individuale e il proprio grado di benessere. Lungi dal costituire perdite di tempo, come spesso le si pensa ancora oggi, questi momenti permettono al cervello di organizzare e consolidare quanto appreso, migliorando allo stesso tempo la concentrazione e la motivazione.
Un motivo sufficiente per farne qualcuna in più, ma senza esagerare.