Nel mondo dell’istruzione, dove il colore rosso spesso è legato agli errori e il blu a quelli ancora più gravi, sta emergendo un nuovo colore significativo: il verde. Questa tonalità, principalmente adottata nella didattica spagnola, sta cambiando il modo in cui insegniamo. Il suo obiettivo è mettere l’attenzione su ciò che gli studenti fanno bene e che merita riconoscimento, mirando a riscrivere la narrativa dell’insegnamento basandola sulla valorizzazione.
L’approccio tradizionale dell’educazione si è concentrato spesso su ciò che manca o su ciò che necessita correzione. Con l’introduzione del colore verde, sta tuttavia emergendo un crescente bisogno di riconoscere e mettere in luce ciò che gli studenti stanno facendo bene. Questo non rappresenta soltanto un cambio di colore, bensì una modifica totale dell’approccio didattico. Questa nuova modalità di correzione, promossa fortemente anche da Luca Serianni, aiuta gli studenti a valutare il loro progresso in maniera bilanciata, sottolineando sia gli aspetti in cui possono migliorare che le conquiste raggiunte.
Questa strategia non ha solo una funzione valutativa, ma è anche estremamente educativa. Offre una giudizio costruttivo che indica la giusta direzione da seguire fornendo motivazioni per imboccare una via piuttosto che un’altra. L’elemento chiave, come sempre, è assicurarsi che le indicazioni siano ben motivate e condivise.
Questa nuova prospettiva rappresenta una rivoluzione nell’ambito educativo. Come accade con ogni nuova metodologia, infatti, il suo successo dipende dall’attuazione. Gli insegnanti, più che mai in questa fase, sono alle prese con limiti di tempo mentre cercano di bilanciare la necessità di essere sempre presenti con le richieste di una società in rapida evoluzione. Una società in cui la comunicazione gioca un ruolo centrale, ma dove spesso non siamo sicuri di quale messaggio educativo stiamo realmente trasmettendo.
Pur essendo l’idea della “penna verde” un’innovazione metodologica brillante, è essenziale che ciò che viene “scritto” con essa abbia significato. Altrimenti, c’è il rischio che diventi semplicemente un altro strumento sterile in un mondo già ricco di simboli dalla dubbia utilità.
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La sfida non consiste soltanto nell’adozione della penna verde come strumento di valutazione, ma nell’assicurare che questa valutazione sia autentica, utile e trasformativa. Correggere gli errori degli altri “in punta di piedi”, con gentilezza e delicatezza. Concludiamo con un meraviglioso racconto di M. Maggio che tutti gli insegnanti e non dovrebbero leggere.
Mia madre faceva la maestra. La ricordo di sera, dopo cena, china sullo stesso tavolo dove poco prima c’erano i nostri piatti, a correggere i compiti dei suoi alunni. Non usava la penna rossa per evidenziare gli errori, li sottolineava invece con un pastello verde chiaro, come le prime timide foglie di primavera. Una di quelle sere che non avevo sonno e mi piaceva starle accanto a leggere Topolino, le chiesi perché quel colore invece del rosso che usavano tutte le altre maestre. Mi rispose senza alzare la testa da quei fogli: – È che nelle cose degli altri devi entrarci in punta di piedi, specialmente quando hai il compito di correggerne gli errori. Il rosso è un urlo, un’accusa alla quale non si può replicare. Dice “Tu hai sbagliato!” con il dito puntato contro. Il verde è gentile, come una piantina che cresce e per farlo ha bisogno di sostegno. Il verde non demolisce, sostiene”. È vero, è “in punta di piedi” che dovremmo correggere gli errori, i nostri compresi.
M. Maggio