La scuola dovrebbe essere un luogo di crescita personale e di liberazione della propria anima, eppure oggi è costantemente trasformato in una fabbrica di lavoratori addestrati. Sono queste le parole di Massimo Cacciari, intervistato dal quotidiano La Repubblica , a proposito della deriva della scuola italiana.
Secondo il filosofo, oggi l’istruzione è sempre più vicina al modello aziendale fatto di competenze spendibili nel mondo del lavoro. Eppure i giovani non sono ingranaggi di un sistema, ma persone da formare nella loro interezza: per invertire la rotta, è necessario tornare al concetto di paideia e recuperare il ruolo dell’insegnante.
La burocrazia soffoca l’insegnamento
Il ragionamento di Massimo Cacciari parte da uno dei principali problemi contemporanei della scuola: l’eccessivo carico burocratico. Non si tratta certo di un mistero: d’altronde, chiunque faccia l’insegnante ha di continuo a che fare con un’asfissiante burocrazia scolastica.
Lungi dall’essere un’istituzione che educa la persona, la scuola è oggi un apparato amministrativo dove contano moduli, scadenze, relazioni, aggiornamenti. Una situazione che trova nel registro elettronico la sua summa e la sua sintesi: anche su questo punto, la storia recente è piena di esempi fin troppo esplicativi.
Secondo il filosofo, si tratta di un’impostazione che costituisce la negazione stessa dell’educazione. Un docente non si occupa più di coltivare un rapporto sano con i suoi studenti, lezione dopo lezione, ma deve inseguire protocolli su protocolli, in un circolo vizioso che porta soltanto alla perdita di motivazione ed energia. Non sono rari i casi di insegnanti che sperimentano fenomeni di burnout, anche durante quei “tre mesi di vacanza” che non sono mai né tre mesi, né vera vacanza.
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Una figura in crisi continua
Una scuola troppo burocratica è anche una delle cause della crisi che il ruolo dell’insegnante ha subito negli ultimi anni. Se un tempo il docente era riconosciuto come autorità morale e punto di riferimento culturale, oggi viene visto spesso come un semplice impiegato statale.
Insomma, come ribadisce Cacciari, un “agente di liberazione” diventa null’altro che un burocrate della conoscenza e un semplice esecutore di direttive ministeriali. Con effetti devastanti sull’educazione scolastica, che diventa soltanto formazione finalizzata alla creazione di occupati.
Eppure, la scuola non può essere soltanto questo ma deve anche aiutare gli studenti a coltivare la propria persona e la propria creatività. Secondo Massimo Recalcati, il vero ruolo dell’insegnante è aprire mondi e porte mai visti prima: una funzione molto diversa dal misurare, certificare, incasellare uno studente, no?
Come dovrebbe essere la scuola?
Tenendo conto di quanto detto fin qui, la risposta di Massimo Cacciari alla crisi della scuola è nella riscoperta del concetto di paideia, l’educazione intesa come formazione umana completa. Si tratta di un momento in cui il fanciullo, pais in greco, è libero da occupazioni ed educa la propria anima alla libertà: è otium, non negotium.
Proprio per questo, alla domanda su come dovrebbe essere la scuola, il filosofo risponde in maniera netta:
L’opposto di quella attuale. Una scuola in cui i docenti siano riconosciuti nella loro importanza in quanto agenti di liberazione e non di fabbricanti di occupati. Oltre che remunerati adeguatamente e non sottomessi ad ogni costrizione tecnico-burocratica da ministeri, presidi, famiglie.
Soltanto quando sono valorizzati nel loro ruolo i docenti possono costruire con gli studenti un dialogo autentico, e aiutare la scuola a recuperare la propria funzione originaria. Su questo punto il messaggio di Cacciari è chiaro: soltanto tornando al concetto di paideia l’educazione può ritrovare se stessa.
D’altronde, conclude il filosofo, essa serve a liberare l’anima. Di certo non ad occuparla.