Quando si parla di bullismo, di solito si rende a raccontare la sua parte più drammatica: insulti ed esclusioni, violenze fisiche o digitali. Ed è normale, perché ci si trova spesso nella posizione di poter sensibilizzare i giovani (e meno giovani) su questo fenomeno e sui suoi pericoli.
Allo stesso tempo, però, a volte è possibile anche raccontare una storia che parte dal confronto e porta alla riconciliazione, come avvenuto in una classe di Trento. Dei ragazzi, che avevano preso di mira un compagno in una chat di classe ed erano stati denunciati, hanno trovato il coraggio di riconoscere le loro responsabilità.
Bulli a processo
Secondo quanto riportato dall’ANSA , i sei ragazzi avevano bullizzato un compagno all’interno di una chat di classe. Denunciati e finiti di fronte al giudice, invece, hanno deciso di riconoscere le loro responsabilità e chiedere scusa. Queste le parole dell’avvocato difensore, secondo cui la risoluzione è stata:
un modo utile per la vita di questi giovani adulti, perché hanno trasformato qualcosa di negativo in positivo, come dovrebbe essere. Oggi è un giorno particolare, un processo finito con un applauso generale tra sette minori, le famiglie e gli assistenti sociali, un abbraccio collettivo.
Lo stesso avvocato racconta come i ragazzi abbiano poi deciso di organizzare un’assemblea di classe, con tutti i compagni, per affrontare la questione e ritrovare serenità nelle dinamiche scolastiche. Durante il processo, infatti, la scelta dei ragazzi ha permesso di trasformare un momento punitivo in educativo: ed è proprio grazie alle scuse che la vittima ha deciso di ritirare la denuncia.
“Il momento più alto della mia carriera”
L’ANSA ha anche riportato le dichiarazioni del giudice chiamato a decidere sulla denuncia della vittima di bullismo nei confronti dei compagni. E le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni secondarie:
Vedere quel ragazzo accolto da quelli che per tanto tempo lo hanno massacrato a scuola è stato il momento più alto della mia carriera.
Il caso dimostra che, se messi nelle condizioni giuste e all’interno del contesto giusto, anche i responsabili di bullismo e cyberbullismo possono riconoscere i propri errori e chiedere scusa. Imparando così a fare di meglio e, perché no, ricostruendo una relazione che essi avevano deciso di recidere.
Si può davvero “smontare” un bullo?
Come si può intuire dalla vicenda di Trento, ma in generale anche dalle tante storie che arrivano dalla scuola, il bullismo è un fenomeno complesso. Spesso coinvolge un intero gruppo, spesso lo si fa per ottenere approvazione, spesso diventa terreno fertile per una cultura che fa leva sulla mancanza di rispetto ed empatia.
Contrastare questi meccanismi è possibile, anche partendo dai primi gradi scolastici, grazie a Lo SmontaBulli , testo edito dal Gruppo Editoriale ELi. Pensato per la scuola primaria, il libro presenta un percorso educativo che aiuta i bambini a riconoscere il bullismo e insegna a rispondere con una leadership positiva. Quest’ultima si basa sull’ascolto e sulla gentilezza, ma la sua caratteristica fondamentale è un’altra: mostra al gruppo che spesso supporta i bulli un comportamento diverso a cui ispirarsi.
Lo SmontaBulli mostra, insomma, strategie efficaci per riconoscere i bulli e rispondere in modo costruttivo alle loro vessazioni. Non si tratta soltanto di educare al rispetto quanto di mostrare che un’altra strada è possibile, tanto alla vittima quanto al bullo stesso. Che di fatto viene “smontato” dalla pratica.
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D’altronde, il bullismo non è inevitabile: è un problema diffuso ma senza dubbio affrontabile e risolvibile. Esperienze come quella di Trento ricordano infatti come la riconciliazione sia sempre una possibilità concreta, se viene espressa attraverso il pentimento e l’accettazione.
E anche attraverso un po’ di leadership positiva, già dalla primaria.