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Qual è l’età giusta per gli smartphone? L’opinione della psicologa Stefania Andreoli

L’età in cui i bambini e i ragazzi ricevono il loro primo smartphone si fa sempre più bassa. La maggior parte dei genitori acconsente ad acquistarne uno per il proprio figlio influenzata dal fatto che tutti gli altri coetanei ne possiedono uno: c’è la volontà, quindi, di non far sentire il proprio figlio emarginato. Inoltre, è molto diffuso che i bambini si ritrovino a utilizzare quotidianamente lo smartphone dei genitori, rendendo così per questi ultimi “naturale” decidere di acquistarne uno per essi.

Non è mai troppo tardi

Nessun pedagogista, psicologo o esperto nel campo dell’infanzia e dell’adolescenza suggerirà mai ai genitori di acquistare uno smartphone a dei bambini che frequentano la scuola primaria. La psicologa e psicoterapeuta Stefania Andreoli, relativamente all’uso degli smartphone durante l’infanzia, dichiara che le ricadute negative sono ormai molto conosciute e non c’è davvero ragione per dotare i bambini sotto una certa età di questo strumento.

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Il libro di testo è lo strumento didattico ancora oggi più utilizzato mediante il quale gli studenti realizzano il loro percorso di conoscenza e di apprendimento.

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Un grande lavoro di contrattualizzazione

Andreoli, ospite nel programma radiofonico Catteland, afferma che un’età ragionevole per dare a un ragazzo lo smartphone potrebbe essere la prima media. La dottoressa dichiara, inoltre, che lo smartphone va dato “Non prima di aver fatto un lavoro di contrattualizzazione di come si usa il telefono e di quanto va usato. Poi per almeno tutte le scuole medie il genitore deve poter avere accesso al cellulare del figlio e controllare cosa accade. Questi vincoli poi vanno tolti progressivamente man mano che il figlio cresce e aumenta la fiducia”.

Lo smartphone per mantenere la socialità coi pari

La dottoressa Andreoli è concorde nel fornire lo smartphone ai ragazzini della scuola media anche per una questione che riguarda la socialità: capita infatti che i ragazzi, quando non sono a scuola, si scrivano in gruppi o chat su WhatsApp in cui commentano ciò che è successo in classe o commentino le lezioni, ciò che hanno fatto i professori e così via. Questo è importante per avere accesso al gruppo dei pari e con essi avere uno scambio, una maggiore condivisione, che in questa delicata età è molto desiderata e importante per i ragazzi.

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Non si finisce nei guai per gli smartphone ma perché c’è un disagio preesistente

La psicologa, inoltre, cita un recente studio canadese in cui è stato dimostrato che i ragazzi che hanno preso parte a brutte vicende in cui i protagonisti erano i cellulari e di conseguenza la condivisione di video o materiali “compromettenti”, cyberbullismo o altro, erano ragazzi con situazioni familiari già problematiche alle spalle o che presentavano problemi di comportamento. Non è, quindi, il telefono a rappresentare il disagio, ma viene utilizzato in modo improprio laddove un disagio già esiste. I genitori devono comunque sempre avere il controllo e, periodicamente, effettuare dei check sui cellulari dei figli per capire l’uso che essi ne stanno facendo ed eventualmente intervenire.

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