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Galimberti chiede di espellere i genitori dalle scuole perché sono troppo opprimenti nelle questioni didattiche dei figli

Secondo il filosofo Umberto Galimberti i genitori sarebbero eccessivamente presenti all’interno della vita scolastica dei propri figli. Creerebbero un sistema in cui essi fungono da mediatori tra studenti e insegnanti, privando i ragazzi dell’autonomia e i docenti del rispetto. Ed è per questo che vorrebbe espellere i genitori dalle scuole.

UN GRANDE OSTACOLO

Galimberti sostiene che questa invadenza da parte dei genitori rappresenti un grande ostacolo nella vita scolastica quotidiana esprimendosi in questo modo: “espellerei i genitori dalle scuole, a loro non interessa quasi mai della formazione dei loro figli, il loro scopo è la promozione del ragazzo a costo di fare un ricorso al Tar”.

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Il libro di testo è lo strumento didattico ancora oggi più utilizzato mediante il quale gli studenti realizzano il loro percorso di conoscenza e di apprendimento.

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Il filosofo quando parla di invadenza si riferisce soprattutto a quella dei genitori degli studenti delle scuole secondarie. Non è sbagliato, infatti, partecipare alla vita scolastica dei propri figli quando sono ancora piccoli e hanno bisogno anche del supporto genitoriale. Tuttavia una volta raggiunto un livello maggiore di indipendenza, questo dovrebbe verificarsi anche nell’ambiente scolastico.

Alle superiori i ragazzi vanno lasciati andare a scuola senza protezioni, lo scenario è diverso, devono imparare a vedere che cosa sanno fare senza protezione.” Una protezione eccessiva non rappresenterebbe alcun vantaggio nello studente, bensì un ostacolo nella sua maturazione. Afferma: “se la protezione è prolungata negli anni, come vedo, essa porta a quell’indolenza che vediamo in età adulta”.

LA LETTERATURA AIUTA A CRESCERE

Il filosofo vede con occhio critico anche l’alternanza scuola-lavoro. Secondo lui la scuola non dovrebbe essere un luogo in cui inserire il lavoro, bensì più ore di letteratura. Egli sostiene: “La letteratura è il luogo in cui impari cose come l’amore, la disperazione, la tragedia, l’ironia, il suicidio. E noi riempiamo le scuole di tecnologia digitale invece che di letteratura?”.

A detta di Galimberti la tecnologia rappresenterebbe un fattore negativo nell’apprendimento degli studenti e non permetterebbe loro di creare un vocabolario voluminoso. Ecco le sue parole a riguardo: “Oggi i ragazzi conoscono duecento parole, ma come si può formulare un pensiero se ti mancano le parole? Non si pensa o si pensa poco se non si hanno le parole.

UN’OCCASIONE SPRECATA

L’emergenza Covid-19 sarebbe stata l’occasione perfetta per abituare i ragazzi a quell’indipendenza e a quell’autonomia di cui necessitano per proseguire il proprio percorso di studi nel modo più corretto. Tuttavia i genitori hanno continuato a mantenere quella posizione di controllo e di sorveglianza eccessiva.

Lo scopo della scuola, secondo Galimberti, non sarebbe solo quello di istruire gli studenti, ma di insegnare loro l’educazione. Anche dal punto di vista emotivo e sentimentale. La scuola italiana, in questo, è molto indietro rispetto ad altre realtà e questo si ripercuote sull’intera cultura del paese. Basti pensare al fatto che sui treni i giovani degli altri paesi leggono i libri, mentre gli italiani giocano con lo smartphone.

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