A nessuno piace ricevere una pagella con voti troppo bassi, soprattutto se inferiori alle aspettative. Rispetto a poco tempo fa, tuttavia, è cambiato il modo in cui essi vengono recepiti dalle famiglie: non più come incentivo a migliorare, ma come un torto a cui porre rimedio.
E così, come riporta Il Messaggero , negli ultimi anni sono aumentati i ricorsi contro le pagelle da parte dei genitori, e non è tutto qui. Di fronte a queste nuove esigenze, si diffondono anche servizi legali ad hoc. Ma davvero si tratta di una tendenza positiva per la crescita degli studenti?
Un fenomeno sempre più diffuso
Gli ultimi anni hanno visto un aumento repentino delle diffide e dei ricorsi al TAR da parte dei genitori contro le pagelle scolastiche. E come spesso accade, a renderlo possibile è la tecnologia, che nell’ambito della scuola si concretizza nel registro elettronico.
Oggi i genitori hanno infatti a disposizione sempre i voti dei loro figli, compresa la possibilità di fare la media o lamentarsi di questo compito o quella interrogazione. Non è un caso se proprio il registro elettronico è da tanti additato come uno dei mali della scuola, un vero e proprio amore tossico fra studenti, insegnanti e famiglie.
Da qui a contestare formalmente una media ritenuta ingiusta o un voto ritenuto troppo basso, come si vede, il passo è breve. Allo stesso tempo, però, questi atteggiamenti non considerano anche gli altri fattori in gioco nella valutazione finale: impegno, partecipazione, progresso dello studente e così via.
Da una parte, quindi, il voto è un male da estirpare, un numero che non definisce lo studente. Dall’altra parte, invece, il voto finisce per essere l’unica variabile che conta. Tanto da giustificare ricorsi contro le pagelle.
Ricorsi contro le pagelle
Sempre Il Messaggero intervista il sociologo e psichiatra Narciso Mostarda, per cercare di capire le ragioni dietro all’aumento di ricorsi contro le pagelle. E Mostarda non fa sconti:
Il problema nasce dal fatto che gli adulti di oggi, cioè i genitori che erano adolescenti 30-40 anni fa, sono rimasti immaturi. Quindi i ragazzi di oggi hanno a che fare con figure che non sono in grado di gestire i processi relazionali in maniera responsabile. Non sempre sono, quindi, adulti adeguati.
Questi genitori non si comportano da guide per i loro figli ma pensano di ottenere da essi l’approvazione che ricercano, comportandosi da sindacalisti. Una bocciatura o un voto basso non sono quindi un’occasione di crescita, ma un torto per il quale ricercare un colpevole esterno: la scuola, il consiglio di classe, l’insegnante.
Si tratta di una dinamica che rischia di creare nei giovani un senso di insicurezza cronica, nonché una totale incapacità di affrontare gli ostacoli della vita. Di conseguenza, il problema non sono i giovani in senso stretto: il problema riguarda due generazioni e il modo in cui interagiscono, si influenzano a vicenda.
genitori “adultescenti”
C’è ancora una via d’uscita per questo scenario, per quanto grave, ma essa non può che passare attraverso un’alleanza fra scuola e famiglia. Alleanza che di fatto oggi non c’è, e non c’è più. Continua Mostarda:
I ragazzi di oggi sono sempre più soli, per questo io non parlo di generazione Z ma di generazione S: S come smartphone, social, sexting e solitudine. Se non accompagniamo i nostri figli stando loro accanto, ascoltandoli e, allo stesso tempo, rendendoli sicuri, avremo prodotto un’altra generazione di adultescenti insicuri.
Continuare a giustificare gli studenti di fronte a ogni insuccesso, arrivando persino al ricorso contro la pagella appena arrivata, non fa di certo il loro bene. Al contrario, alimenta un piccolo ciclo di stimoli e ricompense che in realtà diventa subito un circolo vizioso: l’ultima cosa di cui hanno bisogno.
Di fronte a questa crisi, quindi, è fondamentale che i genitori tornino a fidarsi della scuola. In un certo senso, devono tornare a credere nelle possibilità di miglioramento dei loro figli, che non dipendono dal voto ritoccato dopo il ricorso, ma da un vero percorso di crescita.