Molti pensano che, quando per gli alunni finisce la scuola, anche per i docenti cominci un periodo di vacanza molto lungo, che dura fino all’inizio del successivo anno scolastico. L’idea che gli insegnanti abbiano tre mesi di vacanza è così diffusa da essere ormai radicata, eppure non potrebbe essere più sbagliata.
Il supposto “privilegio” delle ferie lunghe di cui godrebbero i docenti è in realtà una credenza popolare, ben lontana dalla realtà. Cerchiamo di fare chiarezza con i dati, quelli veri: quanto durano le vacanze degli insegnanti? E quanto lavora davvero un insegnante?
Quante ferie hanno i docenti
La figura dell’insegnante viene ormai percepita in modo diverso rispetto al passato, tanto dalle famiglie quanto dalla società. Ancora oggi c’è chi riconosce il loro che fanno lavoro faticoso e vengono pagati una miseria, ma sono in aumento le aggressioni e le offese. Addirittura, molti ritengono che i docenti abbiano tre mesi di vacanza: da metà giugno a metà settembre. Ma è vero?
In breve, no. Si tratta di una credenza popolare: come tutti i dipendenti pubblici, infatti, anche gli insegnanti hanno 32 giorni di ferie all’anno a cui si sommano 4 giorni di festività soppresse. Il luogo comune, nel quale cadono anche figure insospettabili, è dovuto innanzitutto alla confusione fra ore di lezione e ore di lavoro dei docenti, che anche quando i ragazzi iniziano le vacanze estive sono impegnati in:
- riunioni dei consigli di classe per gli scrutini finali;
- esami per la licenza media e la maturità;
- correzione degli elaborati scritti e colloqui orali;
- predisposizione dei verbali e della documentazione conclusiva.
Per non parlare dei corsi di aggiornamento e della formazione obbligatoria, dei corsi di recupero estivi che spesso iniziano ad agosto e di tutte le altre attività previste in quei tre mesi.
Che di conseguenza non sono soltanto di vacanza. Anzi.
Quanto lavorano gli insegnanti
L’altro grande equivoco, altrettanto comune, riguarda le ore di lavoro degli insegnanti. D’altronde, una professione che impone soltanto 18 ore a settimana e consente ben tre mesi di vacanza all’anno deve necessariamente essere privilegiata, no?
Anche in questo caso la realtà è ben diversa, e anche qui il luogo comune dipende dalla confusione fra ore di lezione e ore di lavoro. Le prime sono davvero 18 a settimana, con qualche variazione a seconda del grado scolastico, ma le seconde tengono conto anche delle ore passate a:
- preparare le lezioni e correggere i compiti;
- attività di aggiornamento professionale;
- rapporti con la famiglia e la dirigenza;
- attività burocratiche come relazioni, verbali, documenti, PDP, e così via.
Spesso può succedere che il lavoro non dedicato alle lezioni richieda 18-20 ore, quanto il lavoro in classe. Insomma: i docenti possono arrivare a lavorare 36 ore a settimana o anche di più. Ma è un lavoro “sommerso”, che non è sotto gli occhi di tutti e tuttavia esiste ugualmente.
tra ferie e burnout
Sono in molti, forse troppi, a sottovalutare il carico di lavoro dei docenti, i cui impegni li obbligano a muoversi fra diversi livelli: da quello didattico a quello relazionale, dalle mansioni organizzative a quelle burocratiche. Lo racconta molto bene Gemma Romano sul giornale Il Post : la docente parla infatti dell’estate non come una vacanza, ma come una convalescenza. Un periodo fondamentale e necessario, dopo un anno estenuante e una stanchezza accumulata sia fisica che mentale.
Proprio per questa ragione, ancora una volta, è dannoso ridurre il mestiere degli insegnanti a tre mesi di ferie in estate e 18 ore di lavoro a settimana. Non è rispettoso per la loro professionalità né per il loro ruolo nel percorso degli studenti. Oggi più che mai anzi l’attenzione dovrebbe spostarsi sul rischio di burnout a cui vanno incontro e su come fare per evitare che si presenti, magari anche considerando un anno sabbatico.
Più che chiederci “quanto” lavorino gli insegnanti, insomma, è più utile ragionare sul “come”. Questo è il primo passo per capire davvero cosa fanno e restituire dignità alla loro professione, una volta per tutte.