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La rivista per la scuola e per la didattica
OPINIONI

Ai professionali, spesso, ci finiscono ragazzi che hanno già smesso di sognare

Quando si parla della scuola in termini di cifre, sondaggi, dati, il rischio è quello di perdere il contatto con la realtà quotidiana affrontata da insegnanti e docenti. Questa stessa realtà è tuttavia presente nelle parole di Enrico Galiano, scrittore e docente che spesso condivide riflessioni profonde sul significato della scuola e del suo mestiere.

Per Galiano, la scuola dovrebbe essere il luogo in cui le differenze sociali si annullano, e ogni studente ha le stesse opportunità di crescita. Eppure, l’attualità racconta un’altra storia, in cui il sistema scolastico amplia il divario fra studenti: in palio, c’è la capacità stessa di sognare un futuro migliore.

Sognare è per pochi?

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Da anni Enrico Galiano incontra studenti di scuole medie e scuole superiori in tutta Italia, con un obiettivo molto semplice: conoscere in prima persona le loro aspirazioni e frustrazioni, le loro idee e i loro sogni. E proprio i sogni degli studenti rappresentano il fulcro di un post condiviso su Facebook link esterno:

Quando comincio, faccio da quasi dieci anni sempre la stessa cosa: sto zitto un attimo, e poi dico “alzi la mano chi ha un sogno”. Alle medie è una festa: si alzano tutte le mani. […] Poi vado alle superiori: qui le mani che si alzano sono molte meno. E certo già questo non può che farti fare qualche domanda: cosa succede in mezzo?

Può trattarsi di timidezza o scaramanzia, certo, ma per Galiano le cause sono diverse, e molto più profonde. Al liceo si alzano ancora delle mani, mentre nella scuola professionale sono davvero pochi gli studenti che hanno un sogno, e sono felici di comunicarlo.

Cosa accade in quegli anni? E in quegli istituti?

differenze sociali

Il punto della riflessione di Enrico Galiano tocca la differenza d’età fra gli studenti di scuola media e scuola superiore ma, allo stesso tempo, le differenze fra licei e istituti professionali. Una lettura che non lascia scampo, o ne lascia poco:

Quando si dice che la scuola italiana è classista, è di questo che stiamo parlando. Non è che il latino forma la mente mentre le materie più pratiche no; non è che al Liceo si sviluppa più l’aspetto umanistico e nelle altre scuole quello tecnico […]. È che ai professionali spesso ci finiscono ragazzi che hanno già smesso di sognare.

Si tratta di una situazione diffusa e ben nota, almeno agli insegnanti che passano ore e ore a formare questi ragazzi, a conoscerli. E la scuola, che dovrebbe costituire il primo passo dell’ascensore sociale, in molti casi finisce per amplificare le disuguaglianze. Chi viene da un contesto privilegiato ha più possibilità di continuare a sognare, ma chi parte svantaggiato rischia di perdere anche la speranza.

talenti invisibili

In queste realtà difficili spesso si nascondono talenti difficili da individuare, quasi invisibili. Dietro quei volti ci sono storie che meriterebbero una migliore fortuna, ragazzi che hanno attraversato di tutto e si trovano senza più la capacità di sognare.

Nei professionali ci sono spesso poeti e artisti nascosti, continua Galiano: in bigliettini di fortuna, con grammatica stentata o errori ortografici, c’è una creatività che andrebbe accompagnata e formata, non repressa. E allora la domanda sorge spontanea:

Chi ha deciso che quei sogni valgono meno? Chi ha stabilito che certe mani debbano restare abbassate, che certi mondi debbano restare sepolti? Perché sotto quei cappucci, tra quei fogli sgualciti, nei silenzi che troppi scambiano per indifferenza, ci sono storie che aspettano solo di essere scritte. E meritano di essere lette.

Perché, in fondo, gli insegnanti che continuano a dedicarsi con passione alla loro missione e gli studenti che cercano la loro strada fra mille difficoltà sono due facce della stessa medaglia. Due momenti dello stesso percorso, due aspetti dello stesso sogno.

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