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Gli studenti vogliono andare a scuola vestiti come vogliono ma “l’aula è un luogo che merita rispetto, occorre decoro”

Un determinato dress code a scuola va rispettato o bisogna lasciare totale spazio di espressione agli studenti? La questione, ciclicamente, si ripropone assumendo sfumature differenti.

Nel corso degli anni si è passati dall’insegnante di educazione fisica che vietava l’uso di top e reggiseni alle ragazze durante le sue ore, fino agli alunni di un istituto di Monza, che si sono presentati in classe indossando una gonna come segno di solidarietà nei confronti delle compagne che troppo spesso, a loro modo di vedere, non si sentono libere di indossare ciò che vogliono, bensì definite dai vestiti che portano.

Pantaloni, gonne, magliette troppo corte possono allora essere accettate? Nel lontano – ma non così tanto – 2017, la dirigente scolastica di un istituto emiliano rispose a questa domanda adottando un regolamento interno che vietava l’uso di abiti troppo “succinti”. In tempi più recenti, in una scuola della capitale, un docente criticò una studentessa che indossava una “mini” troppo corta e, di conseguenza, rea di essere una vera e propria tentatrice nei confronti degli insegnanti. Ad ogni presa di posizione, però, fecero seguito polemiche, proteste e manifestazioni.

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Una politica eccessivamente restrittiva, dunque, non sembra essere apprezzata, né tantomeno appare come rispettosa della libertà delle ragazze e dei ragazzi che, anche attraverso il loro modo di vestirsi, desiderano esprimere la propria personalità.

Una buona mediazione link esterno fu espressa, sulle Colonne del Corriere della Sera, da due dirigenti scolastici di Roma e Busto Arsizio. Entrambi individuarono come il miglior criterio per definire un ipotetico dress code a scuola sia l’opportunità. Cristina Costarelli, preside del liceo Newton della capitale, affermò che “esiste una modalità di vestire in ordine all’essere adeguati rispetto al contesto, indifferentemente dall’essere ragazzo o ragazza, uomo e donna”. Alle sue parole fecero eco quelle di Amanda Ferrario, dirigente dell’istituto tecnico Tosi di Busto Arsizio, la quale sottolineò come “per ogni occasione c’è un outfit adeguato”, ironizzando sul fatto che “nessuno di noi andrebbe in chiesa in costume o a un concerto rock in smoking”.

Quello sul dress code a scuola appare un argomento che difficilmente può essere risolto a livello normativo. È infatti evidente che, per non cadere in un eccessivo spirito di censura, o, dall’altro lato, di permissivismo, occorra una sufficiente dose di buon senso, unita alla capacità di adeguare il proprio abbigliamento e comportamento al contesto che si è chiamati ad abitare.

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