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EDUCAZIONE

Il disagio giovanile nasce dall’educazione ricevuta in famiglia, dove troppo spesso i genitori, invece di ascoltare i figli, preferiscono criticare gli insegnanti

Di fronte a quella che sembra una vera e propria escalation di violenza fra giovani e giovanissimi, non è semplice trovare risposte soddisfacenti. Prova a dare una lettura di questo fenomeno il sociologo e psichiatra Paolo Crepet, intervenuto sul quotidiano Il Nord Est link esterno, e individuare una serie di cause.

Fra queste, la più profonda riguarda senza dubbio l’influenza dei genitori e il modo in cui, piuttosto che educare i loro figli, attaccano la scuola e gli insegnanti.

Il ruolo educativo della famiglia

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Nella sua analisi del problema, Paolo Crepet si concentra sul concetto di “troppo”, ossia sull’eccesso che porta i giovani a comportarsi in modi impensabili soltanto pochi anni fa. Queste le sue parole:

Escono di casa pensando di poter fare quello che vogliono, senza subire conseguenze: persino picchiare le persone e mandarle al creatore. Ed è un problema di famiglia, scuola, parrocchia, che non sono compartimenti stagni, perché la scuola riflette la crisi della famiglia e viceversa.

Proprio il ruolo della famiglia assume una grandissima importanza nel ragionamento del sociologo. Come la crisi della famiglia si riflette nella scuola, e viceversa, l’eccesso che caratterizza i giovani d’oggi si riflette anche nel rapporto con i genitori. In questo caso, il “troppo” è quello di madri e padri che hanno dato di tutto ai loro figli, confondendo l’educazione con la vicinanza acritica ai loro comportamenti.

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Genitori contro docenti

Una delle conseguenze di questo problema è il conflitto fra genitori e insegnanti. Di certo non si tratta di una novità, ma la portata che il fenomeno ha assunto negli ultimi anni obbliga a riflettere sulle sue dinamiche. Lo stesso Crepet ha avuto modo, in passato, di evidenziare come i “genitori amici” costringano la scuola a dire i no che gli studenti non si sentono dire a casa.

Da un lato, quindi, le famiglie rinunciano alla loro autorevolezza nel processo di educazione dei figli. Dall’altro, invece, credono di esprimere il loro amore attaccando gli insegnanti per un brutto voto. Una situazione ben sintetizzata da Paolo Crepet:

Quanto ai ragazzi, se non rispettano il prossimo per strada, non vedo perché dovrebbero rispettare un professore che li “punisce” con un 4 a scuola. Tanto più se i loro genitori, invece di parlarne con i figli, vanno a scuola a protestare con gli insegnanti.

Cosa fare allora?

Cosa possono fare i genitori

La questione si fa complessa, perché ovviamente è semplice trovare i punti deboli di una determinata situazione ma, allo stesso tempo, è molto più difficile proporre delle soluzioni efficaci. Da questo punto di vista, secondo Crepet è necessario che i genitori ripensino il loro ruolo e tornino a svolgere una funzione seria nell’educazione dei loro figli.

Si parla tanto di sostegno psicologico, per esempio, ma su questo punto il sociologo e psichiatra è scettico. Troppo spesso l’aiuto di un professionista viene utilizzato come semplice scusante che permette ai genitori di non approfondire troppo il rapporto con i figli e la loro personalità. Al contrario:

Non serve mica andare da psicologi, psicoanalisti e psichiatri, bisogna innanzitutto fare i genitori. Accampare scuse e fare sistematicamente ricadere le colpe sugli altri è un malcostume che non mi piace per nulla.

Il concetto chiave è quindi quello della responsabilità. Responsabilità che i genitori spesso addossano agli insegnanti e agli psicologi, nonché responsabilità che essi stessi dovrebbero mostrare nel percorso di crescita dei loro figli. In risposta ad un malessere che tutte le generazioni hanno, ma che necessita di soluzioni concrete innanzitutto da parte della famiglia, e poi da tutto il resto.

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