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Ode ai maestri. «Perché un vero insegnante non molla mai»

“C’è un duplice vantaggio nell’insegnare perché, mentre si insegna, si impara”. Lo diceva Seneca, ma lo pensiamo anche noi che, oggi, ricopriamo il ruolo di docenti. E se, da un lato, è vero che quello dell’insegnante è uno dei lavori più gratificanti al mondo, dall’altra parte è evidente che chiunque svolga questo lavoro è chiamato a non mollare mai.

È la posizione dell’autore e libraio Carlo Picca, che in una recente chiacchierata con Libreriamo link esterno ha sottolineato come le difficoltà del presente spesso mettano a dura prova la tenuta degli insegnanti, i quali, però, sostenuti dalla passione, non si arrendono facilmente.

Chiunque di noi sperimenti, o abbia sperimentato, la vita da docente, sa bene che l’autore pugliese non si sbaglia. Tra le fatiche della didattica a distanza, delle incomprensioni, e il peso della burocrazia, si riesce sempre a ritrovare quell’energia necessaria a non mollare, quel desiderio profondo di essere educatori, quella chiamata a vivere con gioia, grinta ed entusiasmo le relazioni con gli studenti e i colleghi.

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Il libro di testo è lo strumento didattico ancora oggi più utilizzato mediante il quale gli studenti realizzano il loro percorso di conoscenza e di apprendimento.

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Ed è forse l’empatia, come ricordato più volte dal filosofo Umberto Galimberti, a rendere possibile questa dinamica educativa: senza di essa, tutto crollerebbe in men che non si dica. Un’empatia che, talvolta, ci permettiamo di chiedere a chi non sperimenta sulla propria pelle le fortune, e le fatiche, di essere insegnante. Il ruolo di docente non è un’etichetta da applicare alla persona, ma è inscindibilmente legato ad essa. E come tutte le persone anche gli insegnanti possono vivere difficoltà e problemi, insieme a tutte le dinamiche tipiche della vita di ciascuno.

Perché se è vero, come è vero, che gli insegnanti non mollano mai, è altrettanto vero che la motivazione va sempre ritrovata e la passione riaccesa nelle relazioni interpersonali, con alunni, colleghi e famiglie.

Una buona scuola è certamente fatta di docenti appassionati, desiderosi di educare e disposti ad imparare. Una buona società è altresì formata da persone che sostengono e accompagnano coloro che, per vocazione e amore, si dedicano a camminare insieme agli adulti di domani.

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  1. Bene non sono tre , però sono 2, 9 settimane fanno 56 giorni se aggiungiamo le ferie natalizie e pasquali arriviamo a circa 70 giorni quindi 2 mesi e dieci giorni pagati giustamente , chi ha queste ferie? E poi chi ci dice che molti insegnanti alla fine delle lezioni mattutine il pomeriggio lo occupino per lavorare ? Per cui per quello che guadagnano è fin troppo e basta con il lamentarsi , hanno una laurea? E allora tanti K’hanno e tanti non avrebbero neppure averla visto che non conoscono, molti, non tutti , i fondamentali della lingua italiana , ho sentito strafalcioni mega galattici detti da Professori, suvvia diamoci una calmata perché se gli alunni escono impreparati dalla scuola molto
    Lo si deve alla impreparazione di cosiddetti insegnanti, non esistono più gli insegnanti di una volta come gli uomini di una volta

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