I compiti per casa rappresentano una parte importante dell’impegno scolastico degli studenti italiani, oltre ad un argomento di discussione sempre attuale. Secondo Nicola Gratteri, per esempio, se un insegnante ne assegna pochi allora non vuole il bene dei propri alunni. Certo, ma quanti?
Il nostro sistema scolastico è infatti caratterizzato da un primato piuttosto particolare in ambito europeo: in pratica, gli studenti italiani passano in media più ore a fare i compiti per casa. E non è detto che questo impegno superiore porti a risultati tangibili nei voti: vediamo perché.
Un quadro complesso
Il rapporto fra gli studenti italiani e i compiti per casa non è per nulla semplice, come testimoniano alcune iniziative di sensibilizzazione sul problema. A confermare questa situazione sono anche diverse indagini, a partire dal report OCSE-PISA del 2018 , e non solo. In pratica, in Italia gli studenti passano in media 8,5 ore alla settimana a fare i compiti per casa, un dato superiore a quello di molti altri Paesi europei. Per esempio:
- in Francia gli studenti passano meno di 5 ore a settimana sui compiti per casa, nella scuola primaria, e circa 7 ore nella scuola secondaria;
- la Finlandia ha quasi abolito i compiti per casa nei primi gradi di istruzione, preferendo attività pratiche e collaborative che concorrono a definire il famoso metodo finlandese;
- in Danimarca e Svezia, dove pure i compiti per casa sono presenti, l’impegno è di circa un terzo delle ore riscontrate invece nel nostro Paese.
Insomma, anche soltanto considerando il monte ore l’Italia sembra già indietro rispetto al resto d’Europa, con un metodo ancora fortemente incentrato sull’apprendimento individuale a casa. Ma studiare di più vuol dire anche avere risultati migliori, no?
Più ore di studio significano risultati migliori?
In teoria sarebbe del tutto naturale pensarlo, ma la qualità dello studio non ha soltanto a che fare con la quantità di tempo passato sui libri. Un carico eccessivo di compiti, si desume dal rapporto, non sempre è correlato con ottimi risultati: ricordiamo che l’Italia si posiziona sempre a ridosso della media OCSE nei test PISA. Per essere più precisi, nell’indagine OCSE-PISA 2022 gli studenti italiani hanno totalizzato:
- 471 punti in matematica, contro una media di 472;
- 482 punti in lettura, contro una media di 476.
Sempre a titolo d’esempio, in Corea del Sud gli studenti passano in media circa 2,5 ore a settimana sui compiti per casa, eppure hanno punteggi che superano la media OCSE. E di molto, anche.
Per non parlare del fatto che troppi compiti per casa rischiano di amplificare le diseguaglianze sociali, penalizzando gli studenti che non dispongono del supporto familiare o di ambienti adeguati per studiare. Insomma, si tratta di un quadro complesso che va affrontato con soluzioni adeguate.
Un diverso tipo di apprendimento
Se, come abbiamo visto, troppe ore passate sui compiti per casa non significano automaticamente migliori risultati scolastici, allora forse è necessario pensare a un diverso tipo di apprendimento. L’idea è quella di ridurre il carico di studio, così da rendere più importante il tempo passato a scuola. Ecco alcuni suggerimenti:
- introdurre metodologie didattiche attive, come il cooperative learning o il lavoro su progetti;
- investire sulla formazione continua degli insegnanti, per esempio sulle competenze non cognitive
;
- diminuire progressivamente la quantità di compiti a casa, privilegiando il momento scolastico.
Insomma, il dibattito sui compiti a casa non riguarda soltanto il numero di ore dedicate dagli studenti ma un modo specifico di guardare all’apprendimento. D’altronde, se il nostro mondo cambia rapidamente, non ha senso rimanere ancorati a pratiche del passato che oggi non risultano più utili come un tempo. Anche perché il tempo degli studenti è sempre quello, non cambia: bisogna decidere come impiegarlo al meglio.